Un altro folle episodio de “la nutrizione al tempo dei social”

Ti ricordi fino a tre settimane fa, quando l’insulina era il nemico pubblico numero uno, era vietatissimo mangiare la pasta dopo le 18:00, fare attività fisica significava mezz’ora di tapis roulant in palestra un paio di volte a settimana e le persone erano disperate perché inspiegabilmente, dopo tutti questi inenarrabili sacrifici, non riuscivano a dimagrire? 

Per fortuna abbiamo trovato la soluzione definitiva: si chiama Ozempic, e questa è l’ennesima puntata de “il fantastico mondo schizofrenico della nutrizione ai tempi dei social network”.

Negli ultimi giorni sta facendo molto discutere la notizia che tante persone in cura con Ozempic per il trattamento del diabete mellito di tipo 2, stiano incontrando difficoltà a reperire il farmaco a causa del suo (ab)uso a scopo dimagrante. Infatti pare che, grazie a qualche genio dei social network, da un annetto a questa parte sia scoppiata una moda con tanto di hashtag ufficiale (#ozempicweghtloss) e migliaia di persone abbiano iniziato ad assumerlo per le sue capacità dimagranti. Già a questo punto io mi fermerei a fare una riflessione: è peggio il fatto che tantissimi medici (specialisti e non) lo abbiano prescritto, oppure il fatto che si sia addirittura letto di casi di vendita senza prescrizione? Comunque, la questione è diventata talmente grave, che lo scorso 6 marzo l’Agenzia Italiana Del Farmaco è stata costretta ad emanare una nota nella quale spiega che: «l’aumento della domanda di Ozempic ha portato a carenze che si prevede continueranno per tutto il 2023. Sebbene la fornitura continui ad aumentare, non è possibile prevedere con certezza quando risulterà sufficiente a soddisfare completamente la domanda attuale». La domanda attuale… già!

Allora, mettiamo subito in chiaro una cosa: Ozempic è un farmaco indicato esclusivamente per il trattamento di adulti affetti da diabete mellito di tipo 2 non controllato. Ogni altro utilizzo, inclusa la gestione del peso, rappresenta un uso off-label, ovvero un uso per il quale il farmaco non è stato concepito né testato, quindi non approvato.

In Italia la legge autorizza l’utilizzo di alcuni farmaci per impieghi diversi da quelli per i quali sono stati autorizzati, bisogna però tener presente che questo può esporre i pazienti ad effetti collaterali non ancora documentati. Per questo motivo la prescrizione off-label è consentita solo se, sotto la propria diretta responsabilità, il medico valuti che non esistono scelte terapeutiche migliori. Ed è proprio questa la pietra dello scandalo! Possibile che tutto d’un tratto non esistano più alternative? Possibile che questo coincida, guarda caso, proprio con l’aumento delle richieste? Coincidenze…

Ozempic è un farmaco il cui principio attivo è una molecola (semaglutide) che appartiene alla classe dei cosiddetti agonisti del GLP-1. GLP-1 è una incretina, un ormone peptidico prodotto dall’intestino dopo ogni pasto.

Tra i ruoli principali delle incretine (al plurale, perché sono una famiglia di ormoni) troviamo quelli di rallentare lo svuotamento gastrico e modulare l’equilibrio glucagone/insulina ematici, segnalando al pancreas di limitare il rilascio del primo in favore del secondo. Il risultato netto è una sensibile riduzione della glicemia postprandiale ed un miglioramento del controllo glicemico generale nell’arco della giornata.

Fin qua tutto bene, ed infatti è proprio l’uso per cui farmaci come l’Ozempic sono stati sviluppati! Il problema è nato dopo, con la pratica… quando, come spesso accade, ci si è accorti che a dosaggi diversi, questi farmaci causano degli “effetti collaterali” molto interessanti. È esplicativo il caso di Saxenda, un altro ipoglicemizzante agonista del GLP-1 (liraglutide, in questo caso), che è stato successivamente autorizzato in Unione Europea anche per promuovere la gestione del peso.

 Infatti, sebbene i meccanismi non siano ancora tutti completamente chiari, queste molecole generano un senso di sazietà (e nausea, spesso) molto simile a quello conseguente ad un lauto pasto, ma anche molto più duraturo nel tempo.

In pratica il discorso è sempre che dimagrisci perché mangi meno, ma non perché hai imparato a gestire lo stress, non perché hai risolto i problemi che ti portavano a mangiare troppo, e nemmeno perché hai abbandonato il vecchio stile di vita. Non mangi perché non ti va! E tante care cose a quello sfigato del nutrizionista, che continua ad insistere con la vecchia storia di imparare ad ascoltare il corpo, mangiare secondo il fabbisogno giornaliero, fare tanta attività fisica e, perché no, avvalersi di un supporto psicologico… che tanto non hanno mai funzionato davvero. Giusto? Inoltre, ma chi se ne frega se alcuni degli effetti collaterali più gravi ricordano tanto quelli della malnutrizione, quando finalmente possiamo affermare di aver trovato il modo di controllare la fame. Anzi, mutuando dalla politica una espressione un po’ infelice di qualche anno fa potremmo azzardarci a dire di avere praticamente “abolito l’obesità”. Evviva!

Come dici? Ti sembra di averlo già sentito… in effetti sai che hai ragione?

Si è detta la stessa cosa quando abbiamo scoperto la leptina (il principale ormone regolatore del senso di sazietà), quando abbiamo scoperto le amiline (altri ormoni ipoglicemizzanti secreti dal pancreas, pure loro coinvolti nel controllo della fame, tra le altre cose), quando abbiamo scoperto la metformina (ennesima molecola ad effetto ipoglicemizzante, che sempre più spesso viene prescritta a scopi dimagranti, nonostante non abbiamo ancora ben chiari né il suo meccanismo di azione né tutti i possibili effetti collaterali).

Che a ben guardare viene da farsi una domanda: ma se invece di intossicarci di ipoglicemizzanti, facessimo alla vecchia maniera e provassimo direttamente a mangiarne meno di zuccheri?

Non dico abolirli, e a nessuno venga in mente di escludere i carboidrati dalla dieta senza motivo… dico solo almeno di diminuirli, secondo i dettami del sacro testo delle Linee Guida Per Una Sana Alimentazione. In effetti potremmo stare giorni ad elencare tutti i metodi, le diete, i farmaci e le molecole miracolose del dimagrimento che abbiamo scoperto negli anni, una dietro l’altra, dal glucomannano alla bromelina, dalla caffeina alle metanfetamine… e passare altrettanto tempo a raccontare la storia del perché non funzionano o siano state vietate! E infatti l’obesità è ancora un problema, che l’Organizzazione Mondiale Della Sanità definisce “pandemia”, e continua a dilagare.

Tu pensala come vuoi, ma non è che a noi nutrizionisti faccia piacere sembrare dei dischi rotti, continuando a ripetere all’infinito che gli unici modi per rimanere in forma sono un’alimentazione sana e un giusto livello di attività fisica… è che, a quanto ne sappiamo e fatte salve situazioni più uniche che rare, al momento le cose stanno così, punto! E non è un caso se basta aprire il foglietto illustrativo di un farmaco qualsiasi per l’aiuto alla gestione del peso, per trovarci immancabilmente la dizione “in aggiunta a una sana alimentazione e all’esercizio fisico”. Due cose, per altro, che hanno praticamente gli stessi effetti del farmaco, ma senza controindicazioni… richiedono solo un po’ di costanza e pazienza.

Sia chiaro: ben venga ogni nuova arma contro qualsiasi patologia, ma le armi vanno sapute usare, perché c’è sempre il rischio di darsele addosso da soli, o peggio, che a pagarne le spese siano altri.

Casi come questo di Ozempic dimostrano che il morbo della malainformazione, insieme a quello delle prescrizioni facili, è un problema serio per la salvaguardia della salute pubblica (qualcuno ha detto antibiotici?) e l’unica difesa a nostra disposizione è provare a fare prevenzione divulgando i principi di una corretta alimentazione e sperare che vengano accolti. Una battaglia persa in partenza, in pratica… soprattutto quando chi di dovere, in primis, sembra fingere di non vedere la radice del problema. Si, perché, sempre nella nota del 6 marzo, AIFA ha invitato gli operatori sanitari a informare i pazienti che utilizzano Ozempic del rischio di esaurimento del prodotto e a prevedere una terapia alternativa, per evitare conseguenze cliniche! Come se, per un paziente malato, essere costretto a cambiare un piano terapeutico consolidato abbia lo stesso valore che per una persona sana, sebbene in sovrappeso, possa avere rinunciare al farmaco e perseguire strade più “convenzionali”. Al contempo, però, la nota non invita mica a smettere di fare prescrizioni a caz….. con tanta leggerezza! Si salvi chi può.

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